Dal 2 febbraio, in Europa sarà consentito l’uso (parziale) della sorveglianza biometrica negli spazi pubblici.
Tra poco più di una settimana, i governi di tutta l’UE avranno il via libera ufficiale per utilizzare l’intelligenza artificiale per
- tracciare i cittadini negli spazi pubblici (piazze, strade, incroci),
- condurre sorveglianza in tempo reale per monitorare chiunque transiti al confine (migranti, rifugiati, richiedenti asilo)
- e utilizzare strumenti di riconoscimento biometrico facciale (RBI, remote biometric identification) sulle persone in base alle loro presunte affiliazioni politiche o credenze religiose.
Lo prevede, di fatto, il regolamento europeo sull’intelligenza artificiale (AI Act), che Hermes Center, al fianco di decine di organizzazioni europee per i diritti umani, ha già criticato più volte per mancanza di tutele adeguate.
Il ruolo della Francia
Come ricorda questa inchiesta di Investigate Europe (in italiano, su Il Fatto Quotidiano), i divieti per le pratiche invasive e antidemocratiche sopra elencate esistono, ma prevedono fin troppe eccezioni.
Questi divieti, pur essendo stati concepiti per bandire l’utilizzo di certi strumenti IA (come l’RBI) senza alcuna eccezione, sono stati poi rivisti e modificati, soprattutto a causa dell’ingerenza di certi Stati Membri, che chiedevano “esenzioni per la sicurezza nazionale” e altre rassicurazioni.
L’inchiesta svela che la Francia di Macron, tra tutti, è stato il Paese più agguerrito nel corso delle trattative (svoltesi tra il 2020 e il 2024), seguito da Italia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Cipro, Svezia, Finlandia e dalle tre repubbliche baltiche.
Oltre 100 documenti provenienti dalle riunioni a porte chiuse degli ambasciatori dei 27 Stati membri (Coreper), consultati da Investigate Europe, dettagliano come la Francia abbia strategicamente insistito sull’allargare al massimo le esenzioni relative alla sorveglianza biometrica negli spazi pubblici, dal solo esercito a esercito, forze dell’ordine e autorità di frontiera.
Il risultato è un regolamento “monco”, che, in teoria, si propone come obiettivo quello di fornire “un ecosistema da cui tutti possano trarre beneficio”, ma in pratica contribuisce alla nascita di un’Europa a dir poco distopica.
Il futuro che ci attende
Nel caso in cui la polizia di un Paese membro invocasse l’intramontabile carta della sicurezza nazionale, potrebbe identificare e fermare anche manifestanti, dissidenti politici, giornalisti… oltre, naturalmente, a tutti quei cittadini scambiati erroneamente per ricercati criminali, come è già successo più volte.
Nel testo finale non ci sono più restrizioni sull’uso della sorveglianza negli spazi pubblici — nessuna necessità di approvazione da parte di un’agenzia nazionale o di iscriversi a un registro pubblico — se uno Stato ritiene che sia necessario per motivi di sicurezza nazionale.
Inoltre, queste esenzioni copriranno anche le aziende private — o i paesi terzi — fornitori degli strumenti IA.
“Questo articolo [2.3] va contro ogni Costituzione, contro i diritti fondamentali, contro la legge europea,” ha dichiarato un membro del gruppo EPP del Parlamento Europeo, parlando anonimamente. “La Francia potrebbe, ad esempio, chiedere al governo cinese di usare i loro satelliti per scattare delle fotografie e poi vendere i dati al governo francese.”
Insomma, il futuro che ci attende non sembra essere dei più rosei. Ma la nostra battaglia non finisce certo qui.
Affiancati da altre 5 organizzazioni per i diritti umani all’interno della RDUD (Rete per i Diritti Umani Digitali), stiamo facendo il possibile affinché il disegno di legge sull’intelligenza artificiale proposto da Meloni e Nordio (Atto n.1146) includa il maggior numero possibile di tutele e protezioni dagli impieghi più invasivi di queste tecnologie.
Continua a seguirci, presto avremo novità proprio su questo!